Quando la sabbia si comporta come il petrolio
La sabbia, la polvere di caffè o il riso si comportano in modo molto diverso dall'acqua e dall'olio. Ma in determinate condizioni, emergono improvvisamente sorprendenti somiglianze. Gli scienziati hanno trovato un modo per comprendere meglio il comportamento dei materiali granulari.
I materiali granulari come la sabbia, il riso o il caffè svolgono un ruolo centrale in molti processi. Questi materiali non sono importanti solo in natura, dove modellano il comportamento delle valanghe o delle dune di sabbia, ma anche nell'industria. Nella produzione di prodotti farmaceutici o alimentari, i materiali granulari devono essere lavorati nel modo più efficiente possibile.
Nonostante la varietà di applicazioni pratiche, tuttavia, abbiamo solo una comprensione rudimentale delle leggi fisiche che regolano il comportamento dei materiali granulari. Ciò è in netto contrasto con i liquidi: Esistono numerose leggi fisiche e strumenti matematici ben consolidati per descrivere il loro comportamento. Questo vale in particolare per le miscele complesse instabili come le emulsioni, che si riorganizzano dopo poco tempo.
Sta emergendo un nuovo ordine
I ricercatori del gruppo di Christoph Müller, professore di Scienza e Tecnologia dell'Energia all'ETH di Zurigo, insieme a scienziati della Columbia University di New York, hanno ora scoperto che le miscele di materiali granulari si comportano esattamente come le miscele instabili di liquidi in determinate circostanze, e in questi casi possono anche essere descritte utilizzando leggi fisiche comparabili.
Per i loro esperimenti, i ricercatori hanno disposto grani pesanti e leggeri in diverse configurazioni in un contenitore stretto. Durante gli esperimenti, hanno fatto vibrare il contenitore e contemporaneamente hanno fatto fluire l'aria dal basso. Queste due misure hanno "fluidificato" i grani in modo che iniziassero a comportarsi in modo simile ai liquidi. I ricercatori hanno poi osservato dall'esterno come i materiali nel contenitore si riorganizzavano nel tempo.
Strutture contrastanti
Se, ad esempio, uno strato di sabbia pesante viene posto sopra una sabbia più leggera, i grani leggeri si muovono verso l'alto a causa della fluidificazione dovuta alla minore densità, formando strutture a forma di goccia che ricordano i liquidi viscosi. "I grani si comportano effettivamente come l'olio nell'acqua, per esempio", spiega Christopher McLaren, dottorando del gruppo di Müller. "Il risultato è una complessa interazione tra i due materiali".
Se una piccola quantità di sabbia leggera è incorporata in una sabbia pesante, la sabbia leggera si muove verso l'alto più o meno come una goccia compatta. Nel caso opposto, tuttavia, emerge un modello più complesso: una palla di grani pesanti circondata da grani leggeri non affonda semplicemente verso il basso in modo autonomo. Al contrario, la palla si divide gradualmente in diverse gocce più piccole e il materiale diventa sempre più ramificato nel tempo.
Applicazioni diverse
"I nostri risultati sono importanti per molte applicazioni", aggiunge Alexander Penn, che ha partecipato agli esperimenti come ricercatore post-dottorando. "Per esempio, se si vuole produrre una miscela di polveri molto omogenea nell'industria farmaceutica, è necessario comprendere la fisica di questi materiali nel dettaglio, in modo da poter controllare bene il processo". Anche i geologi saranno probabilmente interessati ai risultati; li aiuteranno a comprendere meglio i processi coinvolti nelle frane o il comportamento dei terreni sabbiosi durante i terremoti.
Infine, ma non meno importante, il lavoro ha anche un certo significato nell'attuale dibattito sull'energia. "Se si analizzano i processi industriali, si nota che gran parte dell'energia viene utilizzata per lavorare i materiali granulari", spiega Penn. "Se sappiamo come controllare meglio i materiali granulari, possiamo sviluppare processi produttivi più efficienti dal punto di vista energetico".
Letteratura di riferimento
McLaren C et al: Instabilità gravitazionali in materiali granulari binari. PNAS 22 aprile 2019, doi: pagina esterna10.1073/pnas.1820820116